venerdì 3 novembre 2017

A chi serve il Parlamento?


Presidenti della Repubblica e del Consiglio dei ministri, ministri, "Governatori" delle regioni, sindaci... a chi servono? Certo non a cittadini e cittadine.
Il sistema di governo repubblicano basato sulle cariche istituzionali su menzionate nato dopo le rivoluzioni americana e francese è stato costruito per garantire alla borghesia affaristica che il potere strappato a regnanti e aristocratici rimanesse per sempre nelle loro mani. Il modo migliore per riuscirci era che fosse lei stessa a scegliere "i migliori" a cui affidare il governo dei vari Paesi. L'importante era impedire in ogni modo che a prendere le decisioni fosse direttamente il popolo attraverso reali forme di democrazia.
Oggi però comincia a filtrare da più parti la convinzione che i tempi siano maturi per passare a una forma di governo davvero democratica (e non solo a parole, negate dai fatti).
Chi ha letto "Contro le elezioni" di David Van Reybrouck (Feltrinelli) sa che lo scrittore, storico e archeologo belga si è posto il problema di quale diversa architettura istituzionale potrebbe sostituire quella attuale in una vera democrazia basata sul sorteggio anziché sulle elezioni. In uno scambio di email con il politologo statunitense Terril Bouricious, i due hanno ideato un sistema istituzionale alternativo e razionale, basato sulle esperienze di partecipazione democratica praticate negli ultimi trent'anni in mezzo mondo (giurie cittadine, sondaggi deliberativi, consensus conference ecc.) che in "Democrazia davvero" abbiamo così riassunto:

Dopo aver sperimentato in prima persona i processi deliberativi, Van Reybrouck, durante la stesura del suo libro è entrato in contatto con lo statunitense Terrill Bouricius, autore di un interessante articolo sulla rivista specializzata Journal of Public Deliberation. Ricercatore, una vita politica ventennale in qualità di eletto nello Stato del Vermont alle spalle, Bouricius, affascinato dall’ipotesi di sostituire a una Camera di eletti una di sorteggiati, non si è accontentato di un “progetto ideale” per il quale il cambiamento avvenisse in modo quasi magico, ma si è posto una serie di domande molto sensate per evitare che quella buona idea potesse naufragare sugli scogli della realizzazione pratica. Domande del tipo: quante fruttivendole del Texas sarebbero disposte a chiudere bottega per due o tre anni per andare a sedere in Parlamento, se estratte a sorte? E quanti ingegneri abbandonerebbero a metà un grande progetto per fare il proprio dovere di rappresentanti in una Camera di sorteggiati? E ancora: un Parlamento del genere, benché assolutamente legittimato da un metodo di selezione al di sopra delle parti, sarebbe anche efficiente? O andrebbe a finire che chi “ha altro da fare”, se sorteggiato, si inventerebbe tutte le scuse del mondo per restarsene a casa, lasciando la nuova Camera a disoccupati, studenti e precari? Domande tutt’altro che peregrine, come si vede.
Bouricius e Van Reybrouck (con l’ulteriore collaborazione di David Schecter), insieme, con un intenso scambio di email e sulla base della reciproca esperienza nel campo delle assemblee deliberative, hanno così partorito un progetto molto articolato e basato sul buon senso. In pratica, i due ricercatori propongono intanto, come nell’antica Atene, di ricorrere all’estrazione a sorte non per una sola istituzione, ma per diverse di esse in modo da andare a costituire un sistema di freni e contrappesi nel quale un corpo sorteggiato sorvegli l’altro. Queste sono le varie componenti del complesso “sistema” (il numero dei membri delle varie istituzioni, naturalmente, è solo indicativo):

Consiglio di definizione delle priorità
Ha il compito di stabilire l’ordine delle priorità, sceglie i temi su cui legiferare. È composto da 150-400 persone, eventualmente ripartite in sotto-comitati, sorteggiate tra volontari. Lavorano a tempo pieno e durano in carica 3 anni, non rinnovabili. Ogni anno si risorteggia un terzo dei componenti. Ricevono uno stipendio mensile.

Gruppi d’interesse
Propongono temi su cui legiferare. Formati da una dozzina di persone, possono essere in numero illimitato. Sono composti da volontari che si propongono. Si riuniscono tutte le volte che lo desiderano, fino alla definizione del tema da proporre. Non ricevono alcuna remunerazione.

Gruppi d’esame
Presentano delle Proposte di Legge sulla base degli elementi forniti dai Gruppi d’interesse e dagli specialisti. Sono composti da 150 persone, divisi in gruppi distinti; ogni gruppo si occupa di un solo àmbito. I partecipanti sono sorteggiati tra volontari e non scelgono il loro gruppo, ma vi vengono destinati casualmente. Lavorano a tempo pieno e durano in carica 3 anni, non rinnovabili. Ogni anno si risorteggia un terzo dei componenti. Ricevono uno stipendio mensile e un ulteriore sostegno.

Giuria delle politiche pubbliche
Vota le leggi a scrutinio segreto dopo una presentazione-dibattito pubblico; è composta da 400 persone, tassativamente in seduta plenaria, estratte a sorte tra tutti i cittadini adulti. La partecipazione è obbligatoria. I componenti vengo chiamati ogni volta che c’è una legge da votare, per la durata di uno o più giorni (quelli necessari per giungere al voto, ma non più di una settimana). Ricevono un compenso giornaliero e un rimborso spese (viaggio, alloggio, eccetera).

Consiglio di regolamentazione
Decide le regole e le procedure dei lavori legislativi. Composto da circa 50 membri estratti a sorte tra volontari (eventualmente degli ex-partecipanti). Lavorano a tempo pieno (soprattutto all’inizio) e durano in carica 3 anni, non rinnovabili. Ogni anno si risorteggia un terzo dei componenti. Ricevono un salario mensile.

Come scrive Van Reybrouck per “giustificare” questa costruzione che smantella l’idea stessa di un sistema governativo basato su Parlamento e Camere come siamo abituati a considerarlo, se si vuol cambiare metodo è necessario conciliare gli interessi contraddittori che ci stanno dietro: “il sorteggio permette di ottenere un vasto campione rappresentativo, ma sappiamo che questo funziona meglio nei piccoli gruppi. Si vuole favorire una rotazione della partecipazione, ma sappiamo che mandati più lunghi propiziano un lavoro più serio. Vogliamo far partecipare tutti quelli che ne hanno desiderio, ma sappiamo anche che in questo modo si arriva a una sovrarappresentazione dei cittadini dotati di un alto livello di formazione e capaci di esprimersi. Si vuole che i cittadini deliberino insieme, ma conosciamo il rischio del formarsi di un pensiero collettivo: la tendenza a cercare troppo rapidamente un consenso. Si vuole accordare tutto il potere possibile a un corpo estratto a sorte, ma sappiamo che alcuni individui eserciteranno troppa influenza sul processo collettivo facendolo approdare a risultati arbitrari”.
Inutile inseguire composizioni ideali dei gruppi, modi ideali di selezione o dinamiche di gruppo ideali, sostiene Bouricius. Non esiste niente di ideale, ecco tutto. Per questo i due ricercatori hanno studiato un puzzle di istituzioni che interagiscono, collaborano, si controllano tra di esse. Un meccanismo dotato di un “carattere evolutivo”, nel quale niente è predeterminato. “Un aspetto cruciale è che tutto questo dispositivo non è che l’innesco di un progetto... evolverà come il Consiglio di regolamentazione lo giudicherà auspicabile”, scrive ancora Bouricius. Con una sola regola, possibilmente: “che le nuove regole del gioco che riguardano il Consiglio di regolamentazione, non possano entrare in vigore che una volta rimpiazzato il cento per cento dei suoi membri”.

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