Elenchiamo qui sotto in rapida carrellata i libri che, in vario modo, sostengono la necessità di un cambiamento radicale di sistema, sostituendo a quello oligarchico basato sulla scelta dei rappresentanti tramite elezioni un sistema realmente democratico nel quale cittadini e cittadine siano di volta in volta governati e governanti, e nel quale i rappresentanti siano scelti tramite estrazione a sorte. Di ognuno di questi libri diamo ampiamente conto nel nostro "Democrazia davvero".
Già dall'antichità il sorteggio è stato un fondamentale strumento democratico per selezionare i rappresentanti politici o per distribuire cariche pubbliche. Con la nascita dello Stato moderno è poi entrato progressivamente nell'oblio e nemmeno le Rivoluzioni americana e francese hanno ritenuto utile inserirlo nei loro dispositivi costituzionali, preferendo un'idea di rappresentanza fondata sull'elezione. Oggi il sorteggio torna prepotentemente al centro della scena, riattivato da nuove forme di partecipazione quali le giurie cittadine, le consensus conferences, i sondaggi deliberativi: forme di democrazia - appunto, partecipativa - che sempre più emergono come possibili soluzioni alla crisi che investe gran parte delle nostre democrazie. In Italia conosciamo molto bene la crisi - un'opinione pubblica disorientata, un ceto politico autoreferenziale e barricato nella difesa di vecchi privilegi, un meccanismo decisionale completamente inceppato - e molto poco le possibili soluzioni. In questo volume Sintomer propone, da un lato, un'accurata indagine storiografica che, ricostruendo le vicende del sorteggio, cerca di spiegare il perché del suo lento ma inesorabile abbandono; dall'altro, un'approfondita analisi sociologica che mostra come la riscoperta della selezione casuale dei rappresentanti politici costituisce una possibile via d'uscita.
http://www.edizionidedalo.it/il-potere-al-popolo.html
Sopprimere i partiti politici. Tutti, nessuno escluso. Perché in quanto organizzazioni verticistiche e inquadrate, essi sono autoritari e repressivi per definizione. E alcuni, quelli italiani ad esempio, mostrano un totale disinteresse per la Res pubblica, ma un talento inenarrabile nel sottrarre denaro pubblico alla comunità. Quindi vanno soppressi, per il bene comune. Simone Weil, una riformista rivoluzionaria, una delle menti più brillanti della sua generazione, poco prima di scomparire prematuramente per malattia nel 1943 ha lasciato questa “modesta proposta”. Un manifesto pieno di passione e di fuoco dove si afferma che aderire all’ideologia di un partito, in certe condizioni storiche, significa limitarsi a prendere una posizione, pro o contro qualcosa. Significa rinunciare a pensare. È questa la democrazia? E oggi, i partiti politici rappresentano davvero la volontà dei cittadini o sono dei semplici organismi che hanno come unico fine quello di riprodursi? Accogliere la proposta della Weil significa uscire dal letargo per tornare a pensare con le nostre teste.
In tutta Europa, i cittadini votano sempre meno, sono sempre più inclini a prestare fede a retoriche populiste, non credono più nella classe politica. Che fare? In molti si sono posti questo interrogativo, ma in pochi hanno risposto con una proposta altrettanto radicale e sorprendente di quella di David van Reybrouck: abolire le elezioni, non scegliere più con il meccanismo elettorale i componenti del Parlamento. E affidarsi al sorteggio per determinare coloro i quali hanno la responsabilità di scrivere le leggi dello stato.
Se ci sembra inconcepibile un simile scenario, sostiene van Reybrouck, è perché abbiamo un’idea sbagliata della funzione e dei vantaggi delle elezioni come metodo di selezione della classe dirigente. Per molti di noi, le libere elezioni a suffragio universale sono sinonimo di democrazia, e solo i regimi totalitari le hanno abolite. Ma la storia dell’affermarsi delle elezioni nei sistemi politici europei è molto meno lineare e contiene diverse sorprese.
David van Reybrouck porta alla luce un dibattito sui pregi e i difetti della democrazia partecipativa che nelle università è in corso da tempo, e offre al lettore una serie incredibile di idee nuove, esperienze pratiche, tentativi concreti di nuovi modelli di governance. Ma cosa significa per una società contemporanea fare a meno delle elezioni? Come potrebbero essere prese le decisioni politiche? Da chi? Con quali regole e garanzie? E perché sorteggiare i parlamentari più o meno come si fa con le giurie popolari nei tribunali potrebbe dare risultati migliori di quelli attuali?
Un libro che apre la mente, che toglie molta polvere e molte ragnatele dal dibattito sulla crisi della democrazia, che fa strage di luoghi comuni e retoriche consolidate, per andare al nocciolo di un problema attualissimo. “Stiamo distruggendo la nostra democrazia limitandola alle elezioni, quando in realtà le elezioni stesse non sono state inventate come uno strumento democratico.” Un’audace proposta contro la crisi della democrazia: abolire le elezioni per salvare la partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Se ci sembra inconcepibile un simile scenario, sostiene van Reybrouck, è perché abbiamo un’idea sbagliata della funzione e dei vantaggi delle elezioni come metodo di selezione della classe dirigente. Per molti di noi, le libere elezioni a suffragio universale sono sinonimo di democrazia, e solo i regimi totalitari le hanno abolite. Ma la storia dell’affermarsi delle elezioni nei sistemi politici europei è molto meno lineare e contiene diverse sorprese.
David van Reybrouck porta alla luce un dibattito sui pregi e i difetti della democrazia partecipativa che nelle università è in corso da tempo, e offre al lettore una serie incredibile di idee nuove, esperienze pratiche, tentativi concreti di nuovi modelli di governance. Ma cosa significa per una società contemporanea fare a meno delle elezioni? Come potrebbero essere prese le decisioni politiche? Da chi? Con quali regole e garanzie? E perché sorteggiare i parlamentari più o meno come si fa con le giurie popolari nei tribunali potrebbe dare risultati migliori di quelli attuali?
Un libro che apre la mente, che toglie molta polvere e molte ragnatele dal dibattito sulla crisi della democrazia, che fa strage di luoghi comuni e retoriche consolidate, per andare al nocciolo di un problema attualissimo. “Stiamo distruggendo la nostra democrazia limitandola alle elezioni, quando in realtà le elezioni stesse non sono state inventate come uno strumento democratico.” Un’audace proposta contro la crisi della democrazia: abolire le elezioni per salvare la partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Da Socrate a Gramsci, da Thomas Mann a Hobsbawn, il pensiero critico occidentale ha sempre avuto chiaro che ogni società è governata da minoranze. Corpose élites economiche e tecnocratiche ci governano manipolando l'opinione pubblica con potenti strumenti, a partire dalla televisione. Strumenti capaci di falsificare la realtà e manipolare il consenso per coprire giganteschi affari sporchi. Luciano Canfora propone un libro ricco di riferimenti storici e di attualità, che variano nel tempo e nello spazio, dalle vicende elettorali di Bush alle prese di posizione di papa Wojtyla. Una riflessione disincantata sui limiti della democrazia e un invito alla ragione critica nell’epoca del pensiero unico e del ‘fondamentalismo democratico’, secondo i quali è inammissibile qualunque sistema economico e politico diverso dal nostro.
http://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788842076292
Se fino alla caduta del Muro di Berlino i discorsi politici dominanti difendevano la democrazia contro i totalitarismi, negli ultimi anni sembra crescere su vari fronti la diffidenza nei confronti della democrazia, spesso identificata con l’egualitarismo astratto della società occidentale individualista e consumistica. Jacques Rancière, una delle voci più incisive della filosofia francese contemporanea, mostra in questo saggio acuto e originale che tale diffidenza è vecchia quanto il concetto stesso di democrazia, nato in Grecia nel V secolo avanti Cristo. Contro questa diffidenza e contro l’apatia politica che ne deriva, Rancière propone un nuovo concetto di uguaglianza che non si riduce al formalismo giuridico o al risultato del progresso tecnicoscientifico, ma che è inteso come condizione della politica e degli esseri umani come esseri politici.
http://shop.cronopio.it/prodotto-142937/Jacques-Rancière-Lodio-per-la-democrazia.aspx
L’idea centrale dell’isocrazia o libertà degli eguali nel potere è: solo se la disuguaglianza semplice tra chi comanda e chi obbedisce si attenua fino a scomparire, la società si apre alla ricerca del pluralismo e dell’eguaglianza complessa. In musica, la polifonia è la combinazione, simultanea e armoniosa, di più linee melodiche individuali. Una società polifonica esprime tanti suoni che, pur intrecciandosi, continuano a distinguersi, senza che s’imponga una voce dominante. In questo libro sono analizzate le principali istituzioni economiche e politiche di una società isocratica, e quindi polifonica. Il registro dichiaratamente utopistico diventa tuttavia realistico, quando l’autore argomenta le ragioni antropologiche e strutturali per le quali occorre immaginare e praticare un orizzonte alternativo.
http://www.castelvecchieditore.com/manifesto-per-la-soppressione-dei-partiti-politici/
Il fallimento "dello sviluppo", cioè la constatata impossibilità di ripetere nei paesi del cosiddetto Terzo mondo quel complesso di trasformazioni che hanno portato all'opulenza dell'Occidente, si lascia dietro una vera e propria catastrofe di cui si tarda a misurare l'ampiezza. Ovunque, a ristrette élites ch evivono all'ombra del mercato mondiale, corrispondono immense masse sradicate che hanno subìto la stessa invasione culturale prima ancora che economica. L'espansione dell'Occidente risulta essere il trionfo di un modello universale - quasi una megamacchina "tecnoscientifica" che impone al di fuori di qualsiasi possibilità di controllo i propri imperativi mercantili - piuttosto che l'effetto di un diretto dominio militare e/o economico. Certo, questi aspetti del buon vecchio colonialismo e imperialismo non sono scomparsi, anzi! Ma la loro portata è ormai senza comune misura con gli effetti di una uniformazione planetaria tanto travolgente quanto destinata nella maggior parte dei casi a restare immaginaria. Per niente nostalgico delle culture tradizionali, l'autore individua nella rielaborazione autonoma di elementi del modello occidentale una delle speranze del "doposviluppo".
http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833906553
Le nostre vite sono consumate. Un intero sistema economico, culturale ed esistenziale sembra essere arrivato alla fine. Il capitalismo si è sovvertito da se stesso. Come? Con l'affermazione pervasiva di un modello di consumo che ha ormai minato compiutamente le stesse basi etiche delle società moderne. Le utopie del bene comune tanto decantate da Max Weber e dai puritani americani, i richiami alla moralità del risparmio e le aspirazioni al progresso dei gruppi sociali sono stati radicalmente soppiantati dall'esaltazione della spesa in sé e dal culto dell'individuo. Più che fornire beni, il capitalismo del consumo crea bisogni, alimenta pulsioni regressive modulate sul profilo di un consumatore-bambino dove l'«io voglio» predomina sul «ci serve».
Da cittadini consapevolmente attivi nella sfera pubblica siamo degradati a clienti. E le malattie del benessere, tanto più in un'era dominata dalla instabilità finanziaria, sono pericolose per la nostra democrazia perché minano la responsabilità degli individui, distruggono il loro declinante senso di appartenza nei confronti della comunità.
Da cittadini consapevolmente attivi nella sfera pubblica siamo degradati a clienti. E le malattie del benessere, tanto più in un'era dominata dalla instabilità finanziaria, sono pericolose per la nostra democrazia perché minano la responsabilità degli individui, distruggono il loro declinante senso di appartenza nei confronti della comunità.
http://www.einaudi.it/libri/libro/benjamin-r-barber/consumati/978880620127
Un saggio a più mani con una proposta per rinnovare la democrazia. Due fisici, due economisti e un sociologo, utilizzando tecniche e competenze delle proprie discipline, riscoprono la sorte come strumento di democrazia e la passano al vaglio delle più elaborate tecniche scientifiche per dimostrarne la valenza pratica.
http://www.malcor.it/carrello/index.asp
Per i francofoni:
Alors que l’idéal démocratique progresse dans le monde, les « vieilles démocraties » sont en crise. Les partis semblent de plus en plus incapables de fédérer les énergies civiques. Des expériences qui réintroduisent le tirage au sort en politique se multiplient à l’échelle internationale. Les critiques déplorent une dérive « populiste » : leurs réactions ne témoignent-elles pas plutôt d’une certaine peur de la démocratie ?
Le tirage au sort a une longue histoire politique. Il constitue l’une des dimensions, trop souvent oubliée, du gouvernement du peuple. Inventé avec la démocratie à Athènes, longtemps consubstantiel à la tradition républicaine, pourquoi a-t-il été réservé aux jurys d’assises après les révolutions française et américaine ? Pourquoi fait-il son retour aujourd’hui, et quelle peut être sa légitimité dans le monde contemporain ? À quelles conditions peut-il contribuer à rénover la démocratie, à la rendre plus participative et plus délibérative ? Les mini-publics tirés au sort peuvent-ils s’articuler aux mouvements sociaux ? Une comparaison historique fait-elle sens ?
Yves Sintomer montre dans ce livre incisif que des logiques politiques nouvelles sont en train d’émerger. La démocratie des modernes, qui se pensait seulement à travers l’élection, laisse la place à des dynamiques plus complexes. Si la politique retrouvait sa crédibilité, ne pourrait-elle pas regagner du poids face aux forces du marché et aux pesanteurs bureaucratiques ? Face à un statu quo intenable, plus que jamais, il devient urgent d’expérimenter.
Le tirage au sort a une longue histoire politique. Il constitue l’une des dimensions, trop souvent oubliée, du gouvernement du peuple. Inventé avec la démocratie à Athènes, longtemps consubstantiel à la tradition républicaine, pourquoi a-t-il été réservé aux jurys d’assises après les révolutions française et américaine ? Pourquoi fait-il son retour aujourd’hui, et quelle peut être sa légitimité dans le monde contemporain ? À quelles conditions peut-il contribuer à rénover la démocratie, à la rendre plus participative et plus délibérative ? Les mini-publics tirés au sort peuvent-ils s’articuler aux mouvements sociaux ? Une comparaison historique fait-elle sens ?
Yves Sintomer montre dans ce livre incisif que des logiques politiques nouvelles sont en train d’émerger. La démocratie des modernes, qui se pensait seulement à travers l’élection, laisse la place à des dynamiques plus complexes. Si la politique retrouvait sa crédibilité, ne pourrait-elle pas regagner du poids face aux forces du marché et aux pesanteurs bureaucratiques ? Face à un statu quo intenable, plus que jamais, il devient urgent d’expérimenter.
http://www.editionsladecouverte.fr/catalogue/index-Petite_histoire_de_l_experimentation_democratique-9782707170149.html
La démocratie a été happée par le principe de représentation, elle n’est pensée que par lui, elle en est devenue prisonnière. Elle a également été engloutie par le marché qui lui impose ses lois, comme le montre jusqu’à la caricature l’actualité. Pourtant, malgré la montée des populismes, la défiance à l’égard des élus et l’apparente indifférence politique, l’idée démocratique vit dans les quartiers, les villes, les écoles, les entreprises, portée par des collectifs informels de citoyens qui prennent en charge directement les questions qui les préoccupent et s’impliquent dans les grands débats de société.
Ces expériences manifestent une forme nouvelle de démocratie qui n’a pas encore trouvé son nom. L’ancienne, toujours présente, s’appelait démocratie représentative ou démocratie électorale ; celle qui émerge hésite entre démocratie d’opinion, démocratie du public ou démocratie participative. Elle pourrait aussi prendre pour nom démocratie continue. Telle est la proposition de Dominique Rousseau, qui défend ici les principes et les implications d’une profonde réforme institutionnelle prenant acte du caractère vivant et concret de l’exercice de la démocratie.
http://www.seuil.com/livre-9782021236972.htm
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